La notizia è di qualche giorno fa, ma ha già fatto il giro del mondo.

Il Parlamento Europeo, con una schiacciante maggioranza (503 su 701), ha preso un provvedimento che, a quanto riportato da varie testate online, vieterebbe la pubblicità personalizzata su internet da parte dei big della profilazione Facebook e Google.

I facili allarmismi hanno generato articoli ed opinioni su come la stangata metterebbe KO i due colossi della Silicon Valley che utilizzano i dati dei propri utenti per realizzare campagne mirate e proporre pubblicità personalizzata di prodotti e servizi.

In verità, a leggere bene tra le righe, è che la risoluzione del Parlamento europeo del 18 giugno 2020 sulla relazione annuale del 2019 in merito alla politica di concorrenza invita la Commissione a “vietare alle piattaforme di visualizzare pubblicità micro-mirata” (vedi qui la fonte ufficiale). 

Pubblicità micro-mirata vs advertising personalizzato

La pubblicità micro-mirata non è nient’altro che il cosiddetto “micro-targeting”: una definizione di advertising che rimanda ad una micro-personalizzazione di contenuti per specifici cluster di utenti, solitamente inquadrabile in un contesto non pubblicitario, ma politico. Cosa ben diversa dalla personalizzazione che avviene per fini di marketing.

Per fare un esempio, ciò che il Parlamento invita è di evitare strumentalizzazioni di questioni etico-sociali a fini di propaganda, perché questo o quel contenuto che l’algoritmo propone a determinati target, non finiscano per influenzare in modo scorretto l’espressione del proprio voto. 

Si tratta quindi di limitare l’abuso dei dati a fini di privacy, affinché questi non siano strumento di propaganda per veicolare contenuti sui diritti civili, sui vaccini, sul razzismo e così via, per le quali le piattaforme hanno scelto finora di non regolamentare efficacemente i propri criteri di selezione, lasciando più volte spazio ai partiti politici per campagne mirate, anzi micro-mirate, per attirare consensi.

La questione è centrale non sono per l’interpretazione che si è fatta di questo accadimento (già sentiamo l’ennesimo odore di fake news), ma anche perché attualmente la risoluzione non ha alcun potere normativo e prima che la Commissione si attivi per rendere totalmente operativo questo divieto, non è detto che non passino anni. 

E la pubblicità personalizzata?

Bene o male tutti ci siamo imbattuti in qualche annuncio pubblicitario navigando in Internet oppure sui social network. E guarda caso quegli annunci pubblicitari erano proprio di nostro interesse, o almeno la maggior parte. 

Dunque, in poche parole un annuncio personalizzato è una pubblicità mirata agli interessi di chi la sta guardando, attraverso un sistema di machine learning che analizza i dati inseriti dagli utenti, le loro ricerche, le loro abitudini e rielabora il tutto proponendo loro degli annunci dinamici e pertinenti. 

È un potente strumento che consente di far aumentare il ritorno sull’investimento (ROI) di qualsiasi azienda che decida di investire nel digital marketing.

Alla luce della personalizzazione che caratterizza questi annunci, vi sono però delle normative da rispettare che salvaguardano gli utenti e gli inserzionisti. Tra queste normative, una decisamente rassicurante, adottata da Google nel 2019, è che i dati degli utenti restano in suo possesso solo per 18 mesi, venendo automaticamente cancellati senza bisogno di farlo manualmente.

Differente è la situazione del social di Zuckerberg che richiede un intervento diretto dell’utente sulla cancellazione dei dati, che una volta inseriti diventano proprietà del social, a cui si è dato esplicito consenso all’utilizzo nel momento della nostra iscrizione.

Uno strumento di vendita efficace

La profilazione del pubblico per le sponsorizzazioni è soluzione di un problema su cui i marketer si sono interrogati per anni e che hanno trovato in esso finalmente un metodo efficace per invogliare l’utente all’acquisto. 

Gli annunci sponsorizzati possono essere utilizzati per ottenere diversi risultati, come l’aumento della brand awareness, la generazione di nuovi contatti (lead generation), il lancio di nuovi prodotti e così via. 

Potremmo stare giorni a parlarne: vi basti pensare che Facebook dota gli amministratori delle pagine della possibilità di collegare, tramite Facebook Pixel, la propria fanpage al sito, proponendo annunci sponsorizzati nel feed a chi ha visitato recentemente le proprie pagine web. Magia? No, algoritmo!

Senza dubbio il potere che hanno Facebook e Google di conoscere approfonditamente ciò che piace o non piace ai loro utenti è la marcia in più che li differenzia da altri strumenti di marketing, un meccanismo che ha rivoluzionato profondamente le tecniche commerciali e di comunicazione, tanto per le grandi aziende, quanto per le piccole.